venerdì 10 agosto 2012

Viene in mente una citazione del poeta Ezra Pound - di Pier Giorgio Micelli

Sfogliando le pagine di un giornale di questi tempi torna in mente il poeta Ezra Pound, che all’inizio del secolo scorso definì i politici “camerieri dei banchieri”, evidenziando la subordinazione dell’amministrazione della cosa pubblica alle leggi tutt’altro che neutrali dell’economia. A onor del vero, oggigiorno la casta dei camerieri si trova relegata in una sorta di purgatorio, perché ritenuta inaffidabile dai suoi stessi datori di lavoro, mentre spetta a veri professionisti della finanza il compito di rastrellare le risorse necessarie ad assottigliare il debito pubblico. L’esistenza di un debito presuppone quella di un creditore: un filo sottile che porta dritto alle famiglie mondiali di potenti banchieri che, dati alla mano, sono proprietari del denaro che abbiamo in tasca, nonché di quello che guadagneremo nel prossimo numero di anni tuttora imprecisato.
La citazione del Pound non fornisce una chiave di lettura limitata al presente solamente, ma va a chiarire altri momenti della nostra storia, quali ad esempio l’avvento del fascismo, la sua caduta, l’istituzione della repubblica …Nell’atto di nascita del partito fascista datato ‘919 si possono infatti trovare numerose proposte democratiche, quali il voto alle donne, le libertà sindacali, le otto ore di lavoro giornaliero, comuni ai movimenti sorti in quei tempi. Dietro la svolta autoritaria che portò alla dittatura, si può facilmente intravvedere il lavorio dei grandi proprietari terrieri e dell’industria: attraverso il controllo dei mezzi di informazione fecero breccia nel bisogno di stabilità dei ceti medi, interrompendo la spinta dal basso che minacciava i loro interessi.
All’indomani del 25 aprile ‘945 il governo Parri, espressione degli ideali democratici dei Cnl, tentò una bonifica delle istituzioni, della grande industria e proprietà terriera, a buon titolo coinvolte nelle vicende del ventennio precedente; venne tuttavia interrotto presto, a beneficio di quel “partito del denaro”, come lo definì De Gasperi nel discorso di insediamento del suo primo governo, senza il quale era ritenuta improbabile la ricostruzione del Paese. Come noto, questa prese la forma di quel modello conosciuto come democrazia di tipo occidentale, o civiltà dei consumi, con i limiti che oggi sono sotto gli occhi di tutti. A nulla sono serviti gli appelli come quello di Albert Einstein che già ai suoi tempi fece notare come la crescita della produzione industriale ad un certo punto non poteva essere assecondata dai consumi relativi, generando per forza di cose un problema nell’occupazione. Con ogni probabilità, anzi, proprio all’attuale stato di crisi si voleva approdare, a consolidamento del “Nuovo Ordine Mondiale” nelle salde mani di ristrette oligarchie finanziarie (David Rockfeller, ‘991, tanto per non fare nomi).
Niente di nuovo sotto il sole, dunque? Mica troppo, direi, perché se è vero che la storia si ripete, occorre riconoscere che ad ogni passaggio va registrata una crescita nella coscienza individuale di noi umani. Archiviate le diverse esperienze di rivoluzioni dai pugni chiusi o dalle mani tese, viene affidata proprio alla coscienza individuale la prospettiva di una via d’uscita da una realtà avvilente, se osservata unicamente con lo strumento della ragione.
Troviamo nell’ultimo lavoro di Jeremy Rifkin (La terza rivoluzione industriale, 2011) una panoramica del futuro che ci attende. Una rivoluzione industriale è frutto dell’incontro tra una tecnologia di comunicazione e una fonte di energia, ci informa il nostro. Se la prima rivoluzione vide l’incontro tra la stampa e la macchina a vapore, la seconda si deve a quello tra la comunicazione elettronica (radio, televisione, telefono…) e il motore a scoppio alimentato a benzina: la caratteristica delle fonti di energia di queste due epoche rende necessario il controllo dei territori in cui si reperiscono, mediante un esercito, nonché un’alta concentrazione di capitali necessari all’estrazione dal sottosuolo dei prodotti, la raffinazione ecc… Chi è in grado di fare questo, disponendo di un potere militare, il controllo dell’informazione, degli intellettuali che producano una cultura assecondante e una classe politica che organizzi il consenso, ha in mano il mondo intero.
La terza rivoluzione industriale prospettata dal Rifkin prenderà invece forma dalle caratteristiche delle energie rinnovabili che ciascuna unità abitativa sarà in grado di accumulare, conservare e scambiare liberamente. Così come oggi avviene con le informazioni, per tutti sarà possibile scambiare tramite internet, niente meno, l’energia prodotta in esubero o riceverne quando inferiore alla necessità.
Al posto delle attuali gerarchie, collaborazione. Dall’efficienza alla sostenibilità. Dalla competizione alla cooperazione. Dall’homo sapiens all’ homo empaticus.

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